Grande efficacia, zero invasività: uno studio internazionale pubblicato in Australia lo dimostra.
Un’ecografia gastrointestinale per tenere sotto controllo le malattie intestinali croniche e adeguare di riflesso la terapia: è quanto emerge da uno studio condotto recentemente in Australia dall’équipe internazionale guidata da Robert Venning Bryant, del Dipartimento di Gastroenterologia del Queen Elizabeth Hospital di Adelaide.
Di malattie infiammatorie croniche dell’intestino (o IBD, Inflammatory Bowel Disease) soffrono circa 200mila italiani tra i 15 e i 45 anni; le principali sono la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa. I più usati per tenere sotto controllo queste patologie idiopatiche sono metodi come l’ileocolonscopia: pratiche invasive e costose, alle quali i pazienti certo non si sottopongono volentieri.
Da qui la svolta: l’ecografia gastrointestinale (GIUS, gastrointestinal ultrasound), sottolineano i ricercatori (tra i quali un italiano, il dottor Giovanni Maconi del dipartimento di Gastroenterologia dell’Ospedale universitario Luigi Sacco di Milano), è una tecnica decisamente non invasiva, molto più alla portata dei pazienti, e – come dimostrano i test effettuati – accurata tanto quanto la TAC e la risonanza magnetica, metodiche solitamente utilizzate in alternativa all’ileocolonscopia.
“L’ecografia gastrointestinale – sottolinea lo studio pubblicato sulla piattaforma GUT – è accurata per la diagnosi delle IBD, la rilevazione di complicanze quali fistole, restringimenti e ascessi, il monitoraggio della malattia e di nuove insorgenze della malattia nel postoperatorio”.
Lo studio mira a diffondere tra gli addetti ai lavori l’impiego dell’ecografia gastrointestinale, una tecnica – fanno presente i ricercatori – che sta prendendo piede troppo lentamente nell’Europa continentale, ma che potrebbe avere risvolti interessanti anche per lo sviluppo di nuovi protocolli di trattamento.
(a cura di Mario Maffei – Comunicazione Sanitaria)